I GRANDI CLASSICI DELLA POESIA

 

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FEDERICO GARCIA LORCA

 

Oggi ho nel cuore
un vago tremore di stelle
e tutte le rose sono bianche
bianche come la mia pena".

"Lo si sentiva arrivare molto prima della sua comparsa: lo annunciavano intangibili messaggeri, avvisi di sonagli nell'aria, come quelle delle diligenze della sua terra..." (Jorge Guillén dal "Prologo a Obras Completas")
Federico Garcia Lorca nasce il 5 giugno 1898, a Fuentevaqueros, presso Granada. I libri ce lo descrivono come un bambino allegro, ma timido e pauroso, dotato di una straordinaria memoria e di una passione evidente per la musica e per le rappresentazioni teatrali; un ragazzo che non andava troppo bene a scuola ma che era capace di coinvolgere nei suoi giochi un'infinità di persone. La sua vocazione letteraria affiora negli anni, dopo aver conosciuto Anton Machado e Miguel De Unamuno. In seguito scoprirà anche la passione per il disegno e l'amicizia di personaggi come Dalì, Bunuel, De Falla, Alberti, Neruda, Salinas, Aleixandre e quest'ultimo, nel Prologo a Obras Completas di lui scriverà:
"Era tenero come una conchiglia di spiaggia; innocente, nella sua tremenda risata bruna, come un albero furioso; e ardente, nei suoi desideri, come un essere nato per la libertà..."
La sua capacità di ascoltare le sue voci interiori lo ha reso cantore di ogni cosa esistente: la vita, la morte, l'amore, gli alberi, la sua chitarra, la sua tristezza.
"Che poeta! - scriveva di lui Pablo Neruda in Confesso che ho vissuto - Non ho mai visto riunite, come in lui, la grazia e il genio, il cuore alato e la cascata cristallina. Federico era lo spirito scialacquatore, l'allegria centrifuga, che raccoglieva in seno e irradiava, come un pianeta, la felicità di vivere. Ingenuo e commediante, cosmico e provinciale, timido e superstizioso, singolare musicista, splendido mimo, raggiante e gentile: era una sorta di riassunto delle età della Spagna, della fioritura popolare; un prodotto arabico-andaluso che illuminava e profumava, come un gelsomino, tutta la scena di quella Spagna, ahimè, scomparsa..."
Nel febbraio del 1936 Federico redige e firma, assieme a Rafael Alberti ed altri 300 intellettuali spagnoli, un manifesto d'appoggio al Frente Popular, che appare sul giornale comunista Mundo Obrero il 15 febbraio, un giorno prima delle elezioni che la sinistra vince di poco. Il 17 luglio 1936 scoppia l'insurrezione militare contro il governo della Repubblica: inizia la guerra civile spagnola. Il 19 agosto Federico García Lorca, che si era nascosto a Granada presso alcuni amici, viene trovato, rapito e portato a Viznar, dove, a pochi passi da una fontana conosciuta come la Fontana delle Lacrime, viene brutalmente assassinato…Sulla sua morte Pablo Neruda così scrive:
"L'assassinio di Federico fu per me l'avvenimento più doloroso di un lungo combattimento. La Spagna è sempre stata un campo di gladiatori; una terra con molto sangue. L'arena, con il suo sacrificio e la sua crudele eleganza, ripete l'antica lotta mortale fra l'ombra e la luce".

Bordone

Ti vedrò?
Non ti vedrò?

A me importa
soltanto il tuo amore.

Hai sempre il riso di allora
e quel cuore?

Sera

Sera piovosa in grigio stanco.
Tutto è così.
Gli alberi secchi
la mia stanza solitaria.
E i ritratti vecchi
e il libro intonso…
Trasuda la tristezza dai mobili
e dall'anima.
Forse
la Natura ha per me
il cuore di cristallo.
E mi duole la carne del cuore
e la carne dell'anima.
E parlando
le mie parole restano nell'aria
come sugheri sull'acqua.
Solo per i tuoi occhi
soffro questo male;
tristezze del passato
tristezze che verranno.
Sera piovosa in grigio stanco.
E va la vita.

Potessero le mie mani sfogliare

Pronunzio il tuo nome
nelle notti scure,
quando sorgono gli astri
per bere dalla luna
e dormono le frasche
delle macchie occulte.
E mi sento vuoto
di musica e passione.
Orologio pazzo che suona
antiche ore morte.
Pronunzio il tuo nome
in questa notte scura,
e il tuo nome risuona
più lontano che mai.
Più lontano di tutte le stelle
e più dolente della dolce pioggia.
t'amerò come allora
qualche volta? Che colpa
ha mai questo mio cuore?
Se la nebbia svanisce,
quale nuova passione mi attende?
Sarà tranquilla e pura?
Potessero le mie mani
sfogliare la luna!

Alberi

Alberi,
eravate frecce
cadute dall'azzurro?
Che terribili guerrieri vi scagliarono?
Sono state le stelle?

Le vostre musiche vengono dall'anima degli uccelli,
dagli occhi di Dio,
da una perfetta passione.
Alberi!
Le vostre radici rozze si accorgeranno
del mio cuore sotto terra?

"A questo mondo io sono e sarò sempre dalla parte dei poveri. Sarò sempre dalla parte di coloro che non hanno nulla e ai quali si nega perfino la tranquillità del nulla. Noi - e mi riferisco agli uomini di estrazione intellettuale ed educati nell'ambiente delle cosiddette classi benestanti - siamo chiamati al sacrificio. Accettiamolo. Nel mondo non lottano più forze umane, ma telluriche. Se mi pongono su una bilancia il risultato di questa lotta, in un piatto il tuo dolore e il tuo sacrificio, e in un altro la giustizia per tutti, pur con l'angoscia di un futuro che si pronostica, ma non si conosce, io su quest'ultimo piatto batto il pugno con tutta la mia forza".
Federico Garcia Lorca

 

 


 

 

 

 

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